GreenWashing: quando l'azienda si tinge di verde (1)

lunedì 20 dicembre 2010


Negli ultimi tempi, sempre più aziende si riscoprono green. I loghi cambiano, i messaggi si modificano, e tutto diventa un enorme prato... verde. 

Ma quanto c'è di vero in chi si dichiara eco-sostenibile? 



A volte, molto poco. Per questo negli Stati Uniti è stato coniato un termine: greenwashing. Come a dire: ciò che mi mostri sembra verde, ma lo è solo in superficie. Esempi se ne trovano ovunque: i più palesi sono quelli delle industrie petrolifere (vedi la pubblicità della Shell o il nuovo logo di BP), ma ci sono anche le case automobilistiche o le grandi multinazionali (ad esempio, i pannolini Huggies). Gli esperti di marketing sperano così di confondere le acque, contando sul fatto che la gente non abbia né tempo né voglia per informarsi meglio...

Per questo è importante conoscere gli strumenti tramite i quali possiamo difenderci dalle false eco-promesse.


Il primo sito utile è il GreenWashing Index. Negli Stati Uniti, già da qualche tempo, l'Università dell'Oregon ha inaugurato questa piattaforma 2.0 che si pone come obiettivo quello di aiutare i consumatori a diventare più esperti nel valutare le campagne di comunicazione 'green'.

Come funziona? Gli utenti stessi postano e commentano siti internet, spot pubblicitari, slogan e loghi ritoccati al "verde". La community, a sua volta, vota le proposte e alla fine viene assegnato un punteggio che va da 1 (inganno solo a parole) fino a 5 (una colata di verde sopra un mare di cemento).

Altra piattaforma interessante: Greener One. In questo caso non vengono presi in considerazione i messaggi pubblicitari ma il prodotto in sé. Ogni utente può proporre un oggetto e dare un punteggio da 1 (molto poco green) a 10 (eco-fantastico!) a seconda di alcuni fattori: i materiali impiegati per realizzarlo, il processo di fabbricazione, l'energia utilizzata durante il consumo e la facilità di smaltimento del prodotto stesso. La media dà per risultato il Green Index.

Green Index

L'aspetto innovativo è che ognuno di noi può partecipare alla costruzione di quest'indice, a seconda della propria esperienza diretta con il prodotto e delle informazioni trovate. Tuttavia la piattaforma, lanciata nel 2008, sembra avere perso il proprio slancio iniziale: il blog non viene aggiornato da tempo e gli utenti sono sempre meno attivi. Davvero un peccato per un'esperienza valida ed innovativa. 

Unico difetto: entrambi i portali si rivolgono maggiormante al mercato degli Stati Uniti, anche se su GreenerOne è possibile trovare qualche prodotto attualmente disponibile nel mercato europeo.

In attesa che arrivi qualcosa di simile anche in Italia, possiamo usare un vecchio strumento, ancora molto efficace: il passaparola!

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