Yes, we Can(cún)?

mercoledì 1 dicembre 2010

Dopo il totale fallimento di Copenaghen 2009, i grandi ci riprovano a Cancún

Lunedì 29 novembre è iniziata in sordina la 16esima Conferenza ONU delle Parti (COP) sui Cambiamenti Climatici. Fino al 10 dicembre, i rappresentanti di 194 Paesi cercheranno di trovare un'intesa internazionale in grado di ridurre le emissioni di CO2.

Si parte da un punto fermo: la consapevolezza che «nessun accordo miracoloso può risolvere il problema del cambiamento climatico», così come ha spiegato il segretario esecutivo della Convenzione Onu sul clima, Christiana Figueres. Scopo dunque del vertice sarà il raggiungimento di cinque mini-accordi che possano rappresentare azioni concrete e tangibili.

Ma quali sono i principali nodi da sciogliere?

In primo luogo, bisogna capire cosa a Copenaghen non ha funzionato. Il compromesso (non vincolante) raggiunto un anno fa da tutti i Membri partecipanti prevedeva il mantenimento del riscaldamento medio globale sotto il limite cruciale di 2°C. A un anno di distanza ben pochi Paesi industrializzati sono riusciti a mantenere l'impegno. Si auspica che venga deciso in quale modo effettuare le misurazioni, la rendicontazione e la verifica. Con le eventuali sanzioni.

Resta poi la convinzione che senza la firma di Stati Uniti e Cina nessun accordo potrà mai essere rispettato. Firma che sembra sempre più lontana: da un lato Obama, dopo le bastonate delle elezioni di mid-term, non sembra aver voglia di tornare a parlare di green economy; dall'altro Pechino, insieme a Brasile ed India, non ha nessuna intenzione di frenare la propria crescita industriale.

Un altro tema chiave per i negoziati sarà quello della creazione di un Fondo Globale per il Clima gestito dall'ONU. Su quest'ultimo punto la UE ha preso impegni per 2,4 miliardi di euro nel 2010, instituendo il fondo "Fast start" per il periodo 2010-2012. Al momento mancano all'appello i 200 milioni promessi dall'Italia. Ma la commissaria UE al clima, Connie Hedegaard, è fiduciosa: "Per quest'anno c'é ancora una piccola sfida che dobbiamo vincere, ma per l'anno prossimo stiamo già realizzando quanto promesso".

Insomma, lo stallo c'è e si vede. Come se non bastasse, il periodo mediatico non è dei più favorevoli: tra Wikileaks, le due Coree e la crisi economica l'evento rischia di passare inosservato. C'è chi dice sia un bene: le aspettative sono così basse che ogni accordo raggiunto avrà il sapore della vittoria.

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